Da dove comincio? Quando sono tante e troppe le cose da dire è meglio farne un elenco. E allora sono giorni e giorni che faccio questo elenco e poi, quando ieri pomeriggio ho chiamato al telefono uno degli amministratori mi sono sentito dire «Domenica avremo due ore per parlare. Mi porto carta e penna e facciamo un elenco». No, non è possibile: anche lui! mi sono detto, mentre tentavo di riprendere il filo dei miei pensieri come farei con i conti.
Ansioso di tirare finalmente una linea per tirare le somme, vedevo finalmente il sole aprire le nuvole e chiudere la pioggia nel cassetto dell’autunno dal quale esce già qualche leggero spiffero. Poco male, visto che è domenica e abbiamo la sciarpa a portata di mano per la prima partita casalinga “vera” del Chieti per questo campionato, la terza in calendario, la seconda in pochi mesi contro una squadra che prima d’ora non avevamo mai incontrato e da un posto che non avevamo mai sentito nominare. Perché qualcuno aveva mai sentito parlare di impianti di videosorveglianza in affitto? Grazie alla loro esistenza domani Santa Filomena diventerà un set cinematografico e chissà che il primo protagonista del film di questo fine settimana non sia proprio il genio che ha poggiato un lumino acceso sulla mensola del botteghino della Curva Volpi, destinata a rimanere vuota come la guardiola di una caserma vuota, come un condominio nel quale il portiere è stato sostituito da un videocitofono che, invece di immagini in diretta, fornisce l’immagine fissa di un defunto ben vestito.
Il calcio delle card e degli steward è morto mentre sono vive le nuove biglietterie. Qui però la trama è comica: file interminabili a causa di un sistema telematico che, per tornare a dare romanticismo a un calcio dal volto disumano, si affida a piccioni viaggiatori e ai pizzini dei picciotti. Ci vorrebbe qualcuno che ci metta anche i fiori perché il loro profumo è l’unico modo per parlare con un’ironia lapidaria di questo calcio che puzza di mafia. Usiamola allora anche per chi ha definito “portoghesi” tutti quei tifosi che hanno scelto la Collinetta (con la C maiuscola) per seguire la partita con il Poggibonsi senza piegarsi all’imposizione della tessera del tifoso. “Portoghese” è chi parla senza sapere dove e come è nato questo modo dire, oppure in questi anni ha vissuto tra i vigneti del Douro sorseggiando Touriga Nacional o Codega e con lo stesso bicchiere ha probabilmente brindato 4 anni fa mentre il Chieti moriva e TifoChieti nasceva.
Era il 10 settembre del 2006, un regalo che il webmaster ha voluto farsi nel giorno del suo 33mo compleanno sperando in una resurrezione. Lo ha fatto nella propria solitudine, ascoltando il proprio cuore non sapendo dove questa avventura lo avrebbe portato. Anche qui l’olfatto ha avuto la sua parte perché ora Mauro non è più solo. Ha avuto fiuto e di questo dobbiamo essergli tutti profondamente grati. E credo che 3 giorni fa, guardando il manifesto, avrà ripensato a quei giorni vivendo quei ricordi come auguri per il futuro. Non importa ora rimarcare il perché del manifesto che rimarrà affisso fino al giorno 16 settembre. Qui invece sarà un altro amministratore a segnare il muro – non quello dei tifosi, ma quello personale – con un altro segno. Conta assai di più sapere cosa ha prodotto.
L’orgoglio. Vasco Rossi dice che ne ha uccisi più lui che il petrolio, ma qui a Chieti manca la benzina ed è bastato un po’ di carburante per riaccendere l’entusiasmo. Personalmente non pensavo che un’immagine potesse fare tanto ma – tant’è – sono stati centinaia i commenti sul forum e su Facebook dove proprio ieri abbiamo superato 3.100 amici con un’evidente accelerazione. E il fatto positivo è che non si tratta dei soliti noti, ma di persone che erano stati solo spettatori, partecipanti molto occasionali, persino ultras purosangue per i quali è assai difficile ammettere che qualcuno ami o possa più di loro fare qualcosa di degno e apprezzabile per i propri colori. E dopo una trasferta come quella di Villacidro sfido chiunque a dire il contrario. Poi ci sono anche donne e “stranieri”, ovvero simpatizzanti o anche spie del nemico in avanscoperta per sentire da Calais la voce di Radio Londra. Allo sbarco in Normandia ci stiamo lavorando, per noi abituati a vivere in trincea.
Un sociologo direbbe che questo manifesto è trasversale, un religioso direbbe che è ecumenico, un politico che è bipartisan. Da tifoso dico che, in sostanza, è uno striscione esposto su uno stadio molto più ampio del “Guido Angelini”: la nostra Città. Certe cose non arrivano per caso, ma con questa speciale bandiera issata abbiamo festeggiato la prima vittoria esterna di campionato, la riapertura dello stadio, l’anniversario di TifoChieti e quello del 9 settembre non disdegnando il fatto che, se non per nostra mano, i soliti noti ci hanno dato la prima soddisfazione del fine settimana calcistico. La più grande però ce l’aspettiamo oggi.
Questo Chieti può vincere perché è probabilmente la squadra più in forma del girone, oltre a essere la più giovane, e perché una partenza lanciata può rilanciare l’entusiasmo non solo nel pubblico, ma anche nel presidente Walter Bellia che mai come ora esprime pessimismo. Io invece guardo con ottimismo alla sua voglia di vincere e sono convinto che, se i risultati dovessero avere la giusta continuità, non esiterà a dare questo collettivo qualcosa in più. Guardo anche con realismo al fatto che sulla carta ci sono squadre più forti che ora faticano a carburare, ma tra qualche domenica dimostreranno tutto il loro valore ridimensionando il nostro. Mettere allora altri punti in cascina ci darà la tranquillità di affrontare ogni nuova sfida con la beata incoscienza di un gruppo che si piace molto per come gioca e si fa onore anche in partite inutili come quella di Isola Liri. L’onore è anche della Volpi, anche in questo caso.
Ma voglio tornare agli effetti del manifesto, perché ci sono due storie che lo lambiscono più o meno da vicino e mi piace citarle perché parlano di sentimenti, non smielati e conformisti, ma forti. Come quelli di chi ha dedicato alla propria donna uno striscione e glielo ha mostrato proprio di fronte all’antica fonte che si trova a pochi metri dal manifesto. Forse il giovane Giammarco non lo sa, ma quelli erano i punti nei quali una volta un uomo e una donna si incontravano, avevano occasione di vedersi, scrutarsi e sorridersi a distanza. E non può certo saperlo Maria, ragazza di origini moldave. Tempo fa ho sentito di uno scienziato giapponese il quale sostiene che l’acqua ha una memoria, forse un giorno qualcuno ci dirà che nel suo scorre è nascosta una voce. E chissà che cosa ha visto quella fonte nell’arco di millenni, chissà che non abbia bisbigliato qualcosa nelle orecchie di un ragazzo teatino del XXI secolo, assordato dalla pubblicità, ma che è ugualmente riuscito a rendere quel luogo ancora il teatro di un amore. E nell’amore metto anche quello per i propri colori e per questa Città che potrà perdere i suoi pezzi, ma non la sua anima. Antica o vecchia forse, ma sempre giovane.
Un’altra dimostrazione riguarda invece proprio il manifesto. Tanti di voi hanno contribuito, altri si sono offerti per dare il loro apporto, altri ancora sono stati sollecitati a farlo, ma non certo Achille. Il suo è un nome di fantasia perché Achille ha 11 anni e si è presentato con 5 euro in mano per dare il proprio contributo. Caro Achille, tu sai chi sei molto di più di chi sbatte ogni giorno la porta al Chieti e alla sua Città. Queste persone, che il presidente chiama i “prenditori” non valgono la carta di un biglietto mentre tu vali una città tappezzata di Nero Verde. La tua risposta nei fatti dice molto di più di mille parole e di cento fanfare. “Chi salva una vita, salva il mondo” recita un antico proverbio ebraico, chi invece trova un tifoso come te ha già riempito uno stadio. Presto capiremo se altri sono degni di quel sentimento che dicono di aver provato quando hanno visto quel manifesto affisso. Lo capirai tu stesso e se ti sentirai solo, tu non mollare mai. Io non sapevo che tu esistessi e non sapevo che esistessero tante altre persone che ho conosciuto qui e poi ho ritrovato allo stadio. Non sapevo e non potevo immaginare che un pezzo di carta colorata, anche se così grande, avrebbe fatto tutto questo. Per questo ti ringrazio, piccolo Achille, perché sei così giovane e il tuo cuore è così antico.
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La giovane teate
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